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La misurazione della Memoria di Lavoro e dei Processi Esecutivi. La batteria PML

di Antonella D’Amico & Claudia Lipari

La batteria PML
La batteria PML

Riassunto

La batteria PML (D’Amico & Lipari, 2012) è uno strumento di misurazione delle abilità di memoria in bambini e adolescenti. La batteria è costruita sulla base del noto modello di Working Memory di Baddeley e presenta una struttura a due livelli: le prove di base, comprendono tre prove per la misurazione della memoria verbale a breve termine (ripetizione di non parole, rievocazione seriale di parole, rievocazione seriale di cifre), tre prove per la memoria a breve termine visiva, visuo-spaziale e sequenziale (Riconoscimento seriale di configurazioni visive, Rievocazione di configurazioni visuo-spaziali, Rievocazione di sequenze visuo-spaziali) e tre prove per la memoria di lavoro (di parole, di numeri e visuospaziale); le prove di approfondimento prevedono tre prove esecutive (shifting, updating e inibizione), e due prove per la misurazione della velocità di elaborazione (ricerca di target visivi) e di accesso alle informazioni a lungo termine (naming di parole, numeri e figure).

Introduzione

L’interesse per lo studio della Memoria di Lavoro (MdL) nei bambini e nei preadolescenti nasce dai numerosi studi che hanno dimostrato l’esistenza di un deficit a carico di tale processo in molti disturbi del neurosviluppo (per una rassegna si veda Alloway & Gathercole, 2006). Uno studio approfondito della memoria di lavoro può essere quindi un valido ausilio per l’approfondimento diagnostico di molti disturbi, così come per lo studio delle differenze individuali in un ampio spettro di processi di apprendimento, dalla comprensione/produzione del linguaggio, alla lettura e scrittura, ai processi di calcolo e ragionamento matematico, al controllo dei processi attentivi, fino al problem solving in diversi contesti di vita.

Numerosi sono gli studi che hanno evidenziato particolari situazioni di deficit della memoria di in bambini con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (per una rassegna si veda D’Amico, 2010), così come i bambini con sindromi genetiche e conseguente disabilità intellettiva (si veda ad es. Lanfranchi, Cornoldi, e Vianello (2004).

Risulta di particolare interesse il fatto che in soggetti con diverso tipo di disturbo del neurosviluppo, si osserva un pattern di funzionamento della memoria di lavoro differente, e la letteratura ha ad oggi offerto un quadro abbastanza chiaro dei deficit che si osservano in diverse tipologie di Disturbi dell’apprendimento o nelle sindromi genetiche sopra citate.

Da qui l’idea di costruire e validare un test completo della Memoria di lavoro, prima assente nel panorama italiano, che fosse in grado di restituire un profilo delle prestazioni in ciascuna delle sottocomponenti del modello descritto da Baddeley e Hitch (1974) e poi rivisitato da Baddeley (2000). Per Baddeley, la MdL è un insieme di processi “on-line, di monitoraggio, processamento e mantenimento delle informazioni momento per momento che avviene durante lo svolgimento di compiti di laboratorio o nella vita di tutti i giorni” (Baddeley e Logie, 1999, p.28). Questo modello prevede l’esistenza di componenti multiple che ci permettono di comprendere e rappresentare l’ambiente circostante, mantenere l’informazione dell’esperienza immediata, acquisire nuove informazioni e formulare e agire in funzione di obiettivi (Baddeley et al., 1999). Le componenti specializzate includono un sistema supervisore (l’Esecutivo centrale) e, nella prima formulazione del modello, due sistemi temporanei di immagazzinamento, specializzati rispettivamente uno per le informazioni fonologiche (Circuito fonologico) e uno per le informazioni visuospaziali (Taccuino visuospaziale) alle quali poi è stata aggiunta un’ulteriore componente per l’integrazione con la memoria a lungo termine (Buffer episodico).

Si ritiene superfluo approfondire qui la descrizione di un modello ormai consolidato in tutta la letteratura scientifica, tuttavia è necessario esporre brevemente gli studi più recenti che chiariscono ed approfondiscono la funzione specifica di alcune componenti del modello, e che sono state esaminate nel dettaglio allo scopo di costruire la batteria PML (si veda D’Amico e Lipari, 2012, per un’analisi più approfondita).

Un primo ed importante contributo sono gli studi che si sono sforzati di esplicitare al meglio la struttura e le funzioni dell’Esecutivo centrale. Alcuni autori (Miyake et al., 2000) hanno infatti individuato tre funzioni fondamentali dell’esecutivo centrale, quali quelle di Shifting, Updating e Inibizione, indicandole quindi come “Funzioni Esecutive”. Lo Shifting riguarderebbe la capacità dell’esecutivo centrale di spostare alternativamente l’attenzione tra compiti multipli, operazioni o sistemi mentali (Monsell, 1996). Compiti di shifting sono ad esempio quelli in cui si richiede di riprodurre la sequenza di lettere e numeri alternandoli tra loro, richiedendo così l’alternativo ancoraggio e disancoraggio al codice verbale e al codice numerico. La funzione di Updating richiede il monitoraggio e la codifica di nuove informazioni rilevanti per il compito e la sostituzione di queste ultime con le vecchie informazioni non più rilevanti (Morris e Jones, 1990). Jonides e Smith (1997) hanno suggerito che il processo di Updating necessiti anche di un “etichettamento” delle informazioni per distinguere quelle nuove da quelle vecchie e non più rilevanti. Compiti di Updating sono quelli nei quali si presentano delle informazioni al soggetto, ad esempio lettere, chiedendogli di rievocare le ultime tre della serie ogni volta che ne viene aggiunta una nuova. Infine la funzione di Inibizione riguarda l’abilità di inibire volontariamente una risposta automatica fortemente predominante. Miyake et al. (2000) specificano comunque che l’inibizione è da intendersi in questo senso e non come l’inibizione dell’attivazione intesa, come nei modelli connessionisti, come il decremento dell’attivazione dovuto ad un’attivazione negativa. Quest’ultimo tipo di inibizione infatti è di tipo automatico, mentre l’inibizione di una risposta automatica è un processo altamente controllato. Il classico compito di Stroop viene considerato come un misuratore dell’inibizione in quanto il soggetto deve inibire la tendenza a leggere la parola piuttosto che a denominare il colore con la quale essa è scritta. L’inibizione comunque è il processo più discusso rispetto alla Memoria di Lavoro, poiché c’è chi ritiene che anche i processi di Updating e di Shifting richiedano un’inibizione e molti autori ritengono che non possa essere considerata come un unico costrutto (Arbuthnott, 1995; Dempster e Corkill, 1999; Shilling, Chetwynd e Rabbitt, 2002). Nigg (2000) ad esempio, distingue tra il controllo dell’interferenza, in cui vari stimoli e target concorrono tra loro, causando un decremento della performance; e l’inibizione cognitiva, che è invece un processo di soppressione attiva che controlla i contenuti sopprimendo le informazioni già attivate, ma irrilevanti, nella memoria di lavoro. Un ulteriore processo di inibizione, distinto da questi ultimi due, sembra essere l’inibizione di una risposta automatica (Bull e Sherif, 2001), tuttavia Friedman e Miyake (2004) hanno riscontrato che tale processo non è distinguibile dall’inibizione automatica. Censabella e Noël (2005) ritengono quindi che si possano distinguere due fondamentali tipi di inibizione, una endogena ed una esogena, a seconda che la fonte di interferenza degli stimoli sia esterna, cioè data dall’ambiente circostante, oppure interna, nella memoria di lavoro. In questo senso quindi, una prova che valuta l’inibizione esogena è da considerarsi ad esempio la prova di Stroop, in cui l’interferenza è data da due stimoli concorrenti, ma esterni, mentre la valutazione dell’inibizione endogena, è data ad esempio dalla valutazione del numero di errori di intrusione nella prova di Listening span (Chiappe et al., 2000; Passolunghi e Siegel, 2001).

Un altro gruppo di studi si è invece interessato ad investigate il ruolo di alcuni processi di base nella memoria di lavoro, con particolare riferimento alla velocità di processamento delle informazioni e di velocità di accesso alle informazioni a lungo termine. La MdL è incrementata dalla velocità di processamento, in quanto quest’ultima permette di processare un maggior numero di informazioni in minor tempo. Gli individui che processano più rapidamente le informazioni hanno più tempo per codificarle, ripeterle ed immagazzinarle (Bayliss et al., 2005; Barrouillet e Camos, 2001; 2007;  Towse et al., 2005).

Come anticipato, l’insieme degli studi descritti è stato preso in considerazione nel progettare la struttura della batteria PML, che è di fatto articolata in una serie di prove di base, selezionate secondo il tradizionale modello di Baddeley e Hitch (1974), ed in prove di approfondimento, che esaminano invece in maniera analitica i singoli processi esecutivi di shifting, updating ed inibizione (Miyake et al. 2000),la velocità di elaborazione delle informazioni e la velocità di accesso alle informazioni a lungo termine.

1. Descrizione della batteria

La batteria PML è composta da 9 prove di base e 5 prove di approfondimento.

Le 14 prove complessive, ispirate ai più noti compiti utilizzati nella letteratura nazionale ed internazionale, sono elencate nella seguente tabella, raggruppate in base ai processi che intendono misurare:

PROVE DI BASE

Memoria a breve termine fonologica e verbale

1.      Ripetizione di non-parole

2.      Rievocazione seriale di cifre

3.      Rievocazione seriale di parole

Memoria a breve termine visiva, spaziale e sequenziale

4.      Riconoscimento seriale di configurazioni visive

5.      Rievocazione di configurazioni visuospaziali

6.      Rievocazione di sequenze visuospaziali

Memoria di lavoro verbale e visuospaziale

7.      Memoria di lavoro di parole

8.      Memoria di lavoro di numeri

9.      Memoria di lavoro visuo-spaziale

PROVE DI APPROFONDIMENTO

Funzioni esecutive

10.  Alternanza numero/lettera (shifting)

11.  Generazione casuale di numeri (updating)

12.  Denominazione di stimoli congruenti ed incongruenti (inibizione)

Velocità di elaborazione e di accesso alle informazioni a lungo termine

13.  Naming di lettere, numeri e figure

14.  Ricerca di target visivi

 

Tabella 1. Composizione delle prove della Batteria PML

Tutte le prove di base della batteria, ad esclusione della prova di Ripetizione di non-parole, utilizzano una metodologia di rievocazione seriale con procedura di span, attribuendo tuttavia, oltre al punteggio di span, anche un secondo punteggio chiamato “totale”. Mentre il punteggio di span fornisce una stima diretta ed immediata del numero massimo di item che ogni bambino è in grado di ricordare nella corretta posizione seriale, il punteggio totale rappresenta una misura più sensibile della prestazione del bambino nell’intero compito di span. L’utilizzo di questo doppio punteggio consente quindi di rilevare in maniera più precisa le differenze individuali di prestazione, consentendo di discriminare tra bambini che, a parità di misura di span, rievocano un numero differente di liste di diversa lunghezza.

La somministrazione delle prove deve essere randomizzata, cercando di alternare le provei verbali a quelle visuo-spaziali.

2.1 Le prove di base

Le prove di base sono state pensate per la misurazione accurata di ciascuna delle sottocomponenti del modello descritto da Baddeley e Hitch (1974), e schematicamente riportato in Figura 1.

Figura 1. Modello di Memoria di Lavoro a tre fattori.
Figura 1. Modello di Memoria di Lavoro a tre fattori.

 

Di seguito sono descritte le singole prove con indicazione dei processi misurati.

 

2.1.1 Memoria a breve termine fonologica e verbale

Per la valutazione della memoria a breve termine fonologica e verbale, la batteria comprende una prova di Ripetizione di non-parole e due prove classiche di span di parole (Rievocazione seriale di parole e Rievocazione seriale di cifre) e span di cifre. La scelta dell’utilizzo della Ripetizione di non-parole si basa su una serie di studi (D’Amico, 2002b) che ne hanno dimostrano la validità discriminante soprattutto in bambini più piccoli, che non sono in grado di tenere a mente sequenze di informazioni verbali. In questo caso, la ripetizione di singole non parole rappresenta una buona misura di memoria verbale a breve termine.

2.1.2 Memoria a breve termine visiva, spaziale e sequenziale

Per la costruzione delle prove per valutare la memoria a breve termine visiva, spaziale e sequenziale, si è tenuto conto della posizione portata avanti da Cornoldi e colleghi (Cornoldi, Miato, Molin e Poli, 1985; Cornoldi et al., 1997), i quali osservano che le caratteristiche relative ad una figura statica interessano sia i suoi aspetti visivi (forma e dettagli) che quelli spaziali (orientamento e relazione tra le parti). La prova di Riconoscimento seriale di configurazioni visive misura la capacità di mantenere in memoria a breve termine materiale visivo non denominabile e di riconoscerlo tra una serie di distrattori di immagini con simili caratteristiche geometriche ma differenti in qualche dettaglio (vedi esempio in figura), tenendo presente l’ordine di somministrazione.

Figura 2. Esempi di item della prova di Riconoscimento seriale di configurazioni visive
Figura 2. Esempi di item della prova di Riconoscimento seriale di configurazioni visive

 

La prova di Rievocazione di configurazioni visuo-spaziali è ispirata al compito noto come Pattern Span (Della Sala et al, 1997, 1999), che ha l’obiettivo di misurare la memoria per le posizioni. Gli item sono costituiti da matrici con caselle bianche e nere, il compito del bambino è di riprodurre su una matrice vuota l’esatta posizione delle caselle nere.

Figura 3. Esempio di item utilizzato nella prova di Rievocazione di configurazioni visuo-spaziali
Figura 3. Esempio di item utilizzato nella prova di Rievocazione di configurazioni visuo-spaziali

La prova di Rievocazione di sequenze visuo-spaziali è ispirata al noto compito di Span di Corsi (Corsi, 1972), ma in formato bidimensionale. Nella classificazione di Cornoldi e Vecchi, (2003), viene messa in luce la particolare caratteristica della prova nel misurare i processi visuo-spaziali sequenziali, in quanto essa non richiede esclusivamente la riproduzione di una configurazione statica, ma piuttosto la riproduzione di sequenze di posizioni.

Figura 4. Scheda test della prova di Rievocazione di sequenze visuo-spaziali
Figura 4. Scheda test della prova di Rievocazione di sequenze visuo-spaziali

2.1.3 Memoria di Lavoro verbale e visuo-spaziale

Le tre prove per la misurazione della MdL utilizzano rispettivamente materiale di tipo verbale, numerico e visuo-spaziale. Le tre prove condividono una procedura di svolgimento simile, in quanto al bambino è richiesto di operare un compito elaborativo e al contempo di tenere a mente una serie di informazioni, pertanto richiedono l’intervento della componente esecutiva. Il compito di Memoria di lavoro di parole è un riadattamento di una prova già realizzata da D’Amico (2002b) ed utilizzata in diverse ricerche (D’Amico e Guarnera, 2005; D’Amico e Lipari, 2008; D’Amico e Passolunghi, 2009), ispirata al noto Listening span task di Daneman e Carpenter (1980) in cui prevede il giudizio vero/falso sul contenuto di frasi presentate oralmente, con la consegna di ricordare l’ultima parola di ognuna di esse. La prova di Memoria di lavoro di numeri prende spunto dal Counting span task, un compito molto famoso ideato da Case, Kurland e Goldberg (1982), che prevede il conteggio di gruppi di cerchi colorati in blu e giallo stampati su cartoncini presentati in sequenza, ed il mantenimento in memoria del risultato finale del conteggio di ciascun cartoncino. Case e colleghi definiscono questo compito una misura del “processing storage space”. Infatti, la memoria di lavoro corrisponde al “total processing space”, intendendo con questa espressione la somma della capacità di immagazzinare l’informazione (storage space) e di processarla (operating space).

Figura 5. Item di esempio della prova di Memoria di lavoro di numeri
Figura 5. Item di esempio della prova di Memoria di lavoro di numeri

La prova Memoria di lavoro visuo-spaziale ideata e già utilizzata da D’Amico (2006), richiede al bambino l’elaborazione ed il contemporaneo mantenimento di informazioni di tipo visuo-spaziale chiedendo di giudicare se delle coppie di figure siano uguali o diverse e contemporaneamente di ricordare la figura riportata a destra. Alla fine dalla serie proposta il bambino deve ricordare, indicandole sulla scheda con le alternative di risposta, le figure riportate a destra di ogni coppia, nello stesso ordine in cui sono state presentate. Le figure sono state costruite in modo tale che l’utilizzo di etichette verbali non sia di aiuto nel ricordo dei target.

Figura 6. Item di esempio della prova di Memoria di lavoro di numeri
Figura 6. Item di esempio della prova di Memoria di lavoro di numeri

2.2 Le prove di approfondimento

2.2.1 Funzioni Esecutive coinvolte nel funzionamento della memoria di lavoro

La somministrazione delle prove di base della PML consente di ottenere dei punteggi da confrontare con i dati normativi per tracciare un profilo di funzionamento della ML, tuttavia, allo scopo di ottenere una batteria di prove più completa ed in linea con la letteratura più recente, sono state aggiunte delle Prove di Approfondimento per la misurazione delle Funzioni Esecutive e di Velocità di elaborazione e di accesso alla memoria a lungo termine. Le prove di approfondimento prevedono la misurazione delle prestazioni individuali in termini di tempo di esecuzione della prova, tuttavia il tempo viene considerato una variabile attendibile solo se il numero di errori nella prova non sia significativo. La prova Alternanza numero/lettera consiste nel pronunciare, alternandoli, i numeri da 1 a 11 e l’alfabeto dalla A alla M. Tale compito è considerato un indice della funzione esecutiva di shifting, alternando l’attivazione e l’inibizione di sequenze automatiche diverse. La prova Generazione casuale di numeri consiste nel nominare i numeri da 1 a 20 in ordine casuale e senza ripetere due volte lo stesso numero. Il compito è ispirato al noto Random number generation task, utilizzato in un grande numero di studi (es. Ginsburg & Karpiuk, 1994; Peters, Giesbrecht, Jelicic, e Merckelbach, 2007) ed è considerato una misura di updating, ossia di aggiornamento continuo delle informazioni nella memoria a lungo termine. La prova Denominazione di stimoli congruenti ed incongruenti misura la funzione esecutiva dell’Inibizione. La prova consiste nel denominare in sequenza, in una serie di 15 stimoli come quelli in figura, la lettera ed il numero piccoli, inibendo la naturale tendenza ad attenzionare lo stimolo globale (effetto Navon; Navon, 1977).

Figura 7. Esempi di item utilizzati nella prova di Denominazione di stimoli congruenti ed incongruenti
Figura 7. Esempi di item utilizzati nella prova di Denominazione di stimoli congruenti ed incongruenti

La differenza nei tempi tra gli stimoli incongruenti e quelli congruenti rappresentano quindi una misura dell’inibizione.

2.2.2 Velocità di elaborazione e di accesso alla memoria a lungo termine

Le prova di Naming di lettere, numeri e figure rappresenta una valida misurazione dei tempi di accesso alle informazioni a lungo termine, consiste nel denominare velocemente una serie di 27 item (lettere, numeri e figure). Una serie di studi ha dimostrato come la prestazione in prove di naming sia altamente associata con la prestazione in prove di span di memoria (Das e Mishra, 1991). Infine la prova di Ricerca target visivi viene considerata una misura della velocità di elaborazione delle informazioni. Il compito si ispira alle classiche prove di barrage, si richiede infatti di individuare, barrandoli, delle figura target in una sequenza di figure il più velocemente possibile.

 

La validazione psicometrica

I risultati della validazione psicometrica, condotta un campione di 469 bambini frequentanti la scuola primaria in diverse scuole nelle province di Milano, Roma e Palermo, sono riportati nel dettaglio in D’Amico e Lipari (2012), ed hanno dimostrano che la batteria PML è uno strumento valido, attendibile e completo per l’assessment della Memoria di Lavoro e per l’approfondimento relativo alle funzioni esecutive e alla velocità di elaborazione delle informazioni.

I risultati della validazione psicometrica hanno infatti dimostrato che le prove di base riflettono il costrutto a 3 componenti previsto nel modello di memoria di lavoro di Baddeley. Inoltre, le diverse prove della batteria, confermando i dati della letteratura, presentano buona capacità predittiva in relazione agli apprendimenti scolastici, in particolare le abilità di decodifica della lettura (correttezza e rapidità), la scrittura e le abilità di conoscenza numerica e rappresentazione del numero. Ciò fa della batteria un ottimo strumento per lo screening e l’individuazione precoce dei casi a rischio di Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

La batteria si è mostrata efficace anche sotto il profilo della validità discriminante, in quanto ha messo in luce importanti e prevedibili differenze individuali in funzione dell’età e della classe scolastica, dimostrando come le abilità di memoria di lavoro seguano un processo evolutivo, consolidandosi e differenziandosi con il crescere dell’età.

Le possibili applicazioni della batteria PML

La misurazione della memoria di Lavoro in età evolutiva risulta estremamente importante, come si è già in parte affermato in precedenza, sia per rilevare la differenze individuali nei bambini con sviluppo tipico, sia per mettere in evidenza particolari profili di funzionamento in bambini con sviluppo atipico o disturbi del neurosviluppo.

Nel caso dei Disturbi Specifici dell’apprendimento (DSA), poi, come già affermato da D’Amico nel contributo al dibattito “Linee guida per la diagnosi dei profili di dislessia e disortografia previsti dalla legge 170: invito a un dibattito” (Cornoldi e Tressoldi, 2014), la misurazione della MdL è di cruciale importanza per distinguere le situazioni di difficoltà da quelle di disturbo. Come prescrivono le linee guida, i criteri per l’inclusione diagnostica nei DSA sono le scarse competenze di lettura, scrittura o aritmetica, ed i criteri per l’esclusione sono il deficit intellettivo, lo svantaggio sociale o i problemi sensoriali o neurologici. Tuttavia, data la grande mole di lavori che ne dimostra il coinvolgimento, è decisamente auspicabile che la MdL venga considerato tra i criteri di inclusione del DSA. Ciò perché, mentre le prestazioni di strumentali di lettura, scrittura e aritmetica sono comunque influenzate da fattori ambientali, la memoria di lavoro è più legata a caratteristiche neurobiologiche di base, è decisamente più stabile e la sua misurazione è di conseguenza più attendibile.

La misurazione dei profili di funzionamento della memoria di lavoro, in conclusione, può dare utilissime informazioni per la formulazione della diagnosi, e  risulta di estrema importanza anche per programmare interventi mirati e più efficaci, che tengano conto dello stile di funzionamento cognitivo dei bambini e dei loro specifici deficit di memoria verbale, visuospaziale o esecutiva.

 

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Antonella D’Amico
Antonella D’Amico

Antonella D’Amico
Psicologa, Ph.D.
Ricercatore del Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione dell’Università degli Studi di Palermo e docente di “Learning and Attention Disorder” e “Intelligenza Emotiva: Strumenti e Tecniche” presso i Corsi di Laurea Magistrale in Psicologia.
Presidente del Centro Studi Internazionale MetaINTELLIGENZE ONLUS

Autore di diverse pubblicazioni sul tema della psicologia dell’apprendimento e della memoria e delle difficoltà di apprendimento, dell’intelligenza emotiva e delle tecnologie per l’apprendimento.
Esperta in Valutazione, Diagnosi e Intervento sui Disturbi dell’Apprendimento

Claudia Lipari
Claudia Lipari

Claudia Lipari è psicologa e dottore di ricerca in psicologia. Gli interessi di ricerca riguardano la working memory in relazione all’apprendimento matematico.